Come certamente saprete, Apple ha da poco rinnovato la sua gamma smartphone, presentando, così come lo scorso anno, due modelli differenti.
Se però ad affiancare iPhone 5s avevamo iPhone 5c, un device di fascia inferiore e che sostanzialmente non era che un iPhone 5 inserito in una scocca di materiale plastico, quest’anno ad affiancare il melafonino troviamo il primo phablet della storia di Cupertino: iPhone 6 Plus.
Il “piccolo” iPhone 6 comunque già, passando da 4” a 4.7”, alza non di poco l’asticella delle dimensioni dello schermo, che rende vano quanto all’epoca pontificato da Steve Jobs, che ha sempre sostenuto che la misura perfetta per uno smartphone sia 3.5”, tale da renderne possibile l’utilizzo con una sola mano.
Già iPhone 5 e 5s, primi iPhone dell’era post-Jobs, erano in realtà, come detto, andati già oltre, salendo a 4”, ma mantenendo comunque la medesima larghezza dei modelli precedenti avevano in larga parte ovviato al “problema”.
Non solo: l’aumento delle dimensioni dello schermo non è stato purtroppo accompagnato da una riduzione delle cornici che circondano il display, il che rende iPhone 6 (e 6 plus) più grande e meno maneggevole non solo del proprio predecessore, ma anche di molti competitors che, a parità di schermo, conservano dimensioni più contenute (su tutti LG, che con G3 ha fatto un lavoro decisamente encomiabile in questo senso).
Lasciando da parte iPhone 6 Plus (ci torneremo!), concentriamoci ora sul modello compatto.
A livello hardware, troviamo un telefono dalle dimensioni comunque non eccessive (138.1 x 67 x 6.9 mm); a muovere la nuova versione di iOS c’è il potente chip A8, seconda declinazione a 64bit del processore sviluppato internamente dalla casa di Cupertino.
Per far fronte all’aumento dimensionale, Apple ha deciso di spostare il pulsante di accensione, che per la prima volta non campeggia più sul lato superiore del device, ma si trova ora sul bordo laterale (rimane sempre la possibilità di utilizzare il pulsante centrale per risvegliare il device quando questo è in standby).
Altra novità estetica che farebbe storcere il naso a Steve Jobs è la fotocamera (una ottima 8MP, a nostro avviso più che sufficienti: oltre è quasi solo marketing), che questa volta è sporgente, ed è quindi più soggetta ad usura, graffi e danni accidentali. A nostro avviso, si sarebbe potuto ovviare al problema aggiungendo un millimetro in più di spessore complessivo del device, specie se questi avesse implicato in aggiunta un aumento della batteria, che conta soli 1810mAh (il che comunque dovrebbe consentire di arrivare all’agognata giornata di autonomia).
Rimane il lettore di impronte introdotto con iPhone 5s, nella medesima posizione (ovvero sul tasto fisico centrale).
Lo schermo, che come detto è da 4,7”, offre una risoluzione che, pur essendo di tutto rispetto (1334 x 750 pixel), è ben lontana dalla concorrenza (tralasciando il già citato LG G3, che monta un pannello 2k, ovvero 2560 x 1440 pixel in solo 0,8” in più del nuovo melafonino, basti pensare a tutti i top di gamma Android e Windows Phone degli ultimi 2 anni – Samsung Galaxy S4, LG G2, HTC One, Lumia 930 per citare i più importanti – per rendersi conto di come questo iPhone di “retina” abbia ben poco).
La resa cromatica è invece come sempre eccellente, così come l’angolo di visione, che non fa rimpiangere il modello precedente.
Finalmente, con 2 anni abbondanti di ritardo sulla concorrenza (Galaxy Nexus, il Googlefonino di 3 anni fa, già lo montava, e montava, ad onor del vero, anche un display SuperAMOLED da 4,65” con risoluzione 1280×720, non di molto meno denso rispetto a quello del nuovo iPhone: parliamo infatti di 316ppi contro i 326ppi del nuovo telefono della Mela), troviamo anche un chip NFC, il cui utilizzo è stato però “castrato” da un software atto a ridurre notevolmente gli scenari di utilizzo che questa tecnologia offrirebbe, limitandone l’uso unicamente ai pagamenti tramite telefonino (anche qui: Google Wallet lo fa già da tempo).
Lato software, inutile dire che, come sempre, iPhone è veloce, rapido in tutto, ed è un piacere utilizzarlo.
Le novità introdotte da iOS 8 sono molte e varie, anche se la maggior parte delle stesse non suonerà come novità per chi abbia già utilizzato dispositivi della concorrenza.
Finalmente introdotta la possibilità di utilizzare una tastiera diversa da quella di sistema (AppStore già offre parecchie soluzioni tra le più blasonate e conosciute in ambiente Android: SwiftKey, Swype, Minuun sono nomi ben noti ai fan del robottino verde).
Apple permette ora l’utilizzo di widget (…qualcuno ha detto Android?) all’interno della tendina delle notifiche (…ok, sì: qualcuno ha DECISAMENTE detto Android!).
Per ovviare alle dimensioni nettamente più generose del nuovo device, Apple ha introdotto una gesture per l’utilizzo con una sola mano, che però non ci ha a dire il vero convinti fino in fondo (la UI viene semplicemente spostata in maniera provvisoria nella parte bassa dello schermo, e non viene invece totalmente ridimensionata come avviene, ad esempio, con i device Samsung da un paio di anni a questa parte).
Apple introduce anche le cosiddette “estensioni”, ovvero la possibilità, finalmente, di avere un dialogo tra le varie applicazioni, pur mantenendo una struttura “a sandbox separati”, e non rinunciando quindi alla sicurezza che questo sistema garantisce.
Introdotti anche miglioramenti al software di gestione della fotocamera, ed al comparto fotografico in genere: migliorata la ricerca e la classificazione delle foto in galleria, introdotti alcuni effetti di postproduzione e una modalità nativa di registrazione in “time lapse” (sarà bene munirsi di cavalletto e tanta pazienza per poter davvero apprezzare questa funzione, che comunque era già disponibile tramite app di terze parti anche su versioni precedenti di iOS).
Migliorato l’assistente vocale che ora, come Google Now, è dotato di funzione “always listening” e verrà risvegliato da una frase specifica (“Hey Siri”); come per l’assistente vocale Google, inoltre, è stato introdotto un sistema di riconoscimento musicale, che punta a rendere obsolete app di terze parti come Shazam (del quale infatti utilizza i protocolli di riconiscimento) o il leggermente meno noto SoundHound.
Le novità più interessanti a livello software sono però “Continuity” e “Condivisione in famiglia”: la prima è una funzione di sincronizzazione automatica in tempo reale di quanto stiamo facendo tra tutti i nostri dispositivi Apple: se siete possessori di un computer Mac, quindi, potrete – ad esempio – iniziare a scrivere una mail dal computer e poi concluderla sullo smartphone, a patto di utilizzare l’app di sistema.
Inoltre, se i dispositivi sono registrati sulla stessa rete Wi-Fi, la versatilità cresce di molto, permettendoci, ad esempio, di rispondere a una chiamata o ad un messaggio in arrivo su iPhone da qualsiasi altro device Apple (sia un iPad o un computer Mac), un po’ come Samsung fa con i suoi tablet e smartphone (addirittura Samsung permette l’uso dello smartphone da tablet, replicandone totalmente lo schermo sul device più grande).
“Condivisione in famiglia” invece permette di condividere i propri acquisti AppStore (non è chiaro se la cosa sia estesa anche agli acquisti in-app) per un massimo di 6 utenti complessivi, oltre che a consentire la condivisione di calendari e album fotografici. Uno degli utenti del gruppo, inoltre, avrà la possibilità di approvare o meno gli acquisti effettuati dagli altri membri (il che, oltre che consentire una nuova forma di “parental control”, dovrebbe evitare le classiche “mazzate” sulla carta di credito, dovute ad un uso incauto dell’account da parte dei più piccoli).
Insomma le novità non mancano, e anche se il telefono in sé potrebbe non soddisfare appieno i fanatici delle specifiche tecniche (i primi benchmark lo posizionano sotto a Galaxy S5 e solo poco sopra iPhone 5s nonostante il comunque decisamente potente processore A8), e anche se molte delle novità introdotte in realtà novità non sono, Apple conferma ancora una volta di essere in grado di tirare fuori dal cappello un prodotto attuale, in linea coi tempi, bello e facile da usare.
Anzi: l’introduzione di queste “novità”, probabilmente riuscirà nell’impresa di tornare a mangiare mercato ai device Google (e Microsoft, anche se Windows Phone non è poi così diffuso da rappresentare, per ora, una reale minaccia), dal momento che larga parte dello “zoccolo duro” del robottino verde non ha mai preso in considerazione Apple sia in virtù delle molte possibilità che il sistema Google offre a livello di personalizzazione del device, sia a causa delle dimensioni dello schermo che fino alla generazione precedente molti consideravano eccessivamente ridotte.
Dall’altro lato, chi si aspettava invece un prodotto che mantenesse la portabilità dei predecessori, o con una maggiore autonomia in linea con la concorrenza (LG con G2, device dello scorso anno, arrivava a quasi 2 giorni con una sola carica, nonostante lo schermo FullHD, quindi più definito, e un hardware di tutto rispetto) dovrà ricredersi (proprio loro saranno a nostro avviso i più delusi: nel momento in cui si presenta insieme ad iPhone 6 anche iPhone 6 Plus, che senso ha non mantenere un telefono compatto accanto al phablet? Che Apple abbia intenzione di infilare iPhone 5s in una scocca di plastica, e vendere così iPhone 6c?).
In conclusione: la grande forza di iPhone rimane il brand, garanzia comunque di altissima qualità costruttiva (la sensazione è quella di avere in mano un oggetto di fascia altissima, complice l’uso dell’alluminio e l’assenza di qualsiasi forma di scricchiolio o imprecisioni dell’assemblaggio) accanto ad un software bello, semplice e piacevole da usare, privo di impuntamenti (non è così purtroppo per il phablet di Cupertino, come vedremo) e che prova a colmare i gap (o almeno alcuni di questi) con la concorrenza, prendendo a piene mani dai competitor ed integrando il tutto in maniera coerente, mantenendo una propria inconfondibile personalità ed una fluidità difficilmente replicabili su altri sistemi.